All’inizio dello scorso mese di Giugno la Camera dei Deputati ha esitato, in prima lettura, un disegno di legge che fissa il concetto di qualità globale nell’edilizia.
L’obbiettivo è quello di mettere ordine nelle diverse normative oggi esistenti favorendo così la riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale e un cambiamento culturale del mercato verso parametri qualitativi che, almeno così sembra, per una volta non saranno solo diretti al rispetto pedissequo di indici numerici ma al benessere dell’utente rispetto alla sostenibilità energetica, ambientale, della sicurezza, in sostanza al soddisfacimento delle sue esigenze fisiche e psichiche, compresa quindi la qualità estetica dei luoghi. Prevede il Ddl il riordino dei sistemi di incentivazione e premialità per il raggiungimento di questi scopi i cui risultati dovranno essere certificabili, misurabili.
Se si giungerà all’approvazione di questo disposto normativo e se le regioni, forti della loro autonomia decisionale, non lo vanificheranno nei fatti, si sarà fatto un concreto passo avanti verso quella tante volte auspicata legge sulla qualità dell’architettura, troppo spesso semplice enunciazione priva poi di contenuti.
Non può essere esclusa da questo scenario, anzi ne è parte fondamentale, la riqualificazione dello spazio pubblico urbano, di cui l’edilizia costituisce la scenografia, e che, come sostiene Roland Gunter –architetto e storico, presidente del Deutscher Werkbund - deve essere “memoria del passato proiettato verso il futuro...dal quale possiamo imparare cose con senso o prive di senso” quali il suo congelamento. In sostanza gli spazi di aggregazione, le strade, le piazze, devono essere riqualificate per riprenderne il significato e la funzione socializzante. Obbiettivo difficile raggiungere operando per singoli edifici: bisogna favorire invece la riqualificazione di ambiti complessi, di interi quartieri, affidati a committenze informate -sulla storia, sul presente e sul futuro- e a operatori qualificati, siano essi progettisti o esecutori.
Diventerebbe a questo punto scarsamente influente anche tutto il dibattito, strumentale, cui si assiste da troppo tempo in Italia sulla questione delle competenze professionali, di chi fa cosa. Perché, applicando i concetti di qualità globale al mondo delle costruzioni si restringerebbe il numero dei professionisti in grado di garantire questi parametri. Potrebbe sembrare ingiusta la riduzione di quote di mercato per generici professionisti dell’edilizia. Non è così perché la qualità di un edificio, di un quartiere, di una città non è affare privato dei diretti promotori-committenti ma, come più volte ho sostenuto, ha importanti conseguenze sull’intera collettività.
In sostanza si ritornerebbe finalmente alla valorizzazione dell’intelligenza e della conoscenza che, come ne discutevo l’altra sera con Maurizio Spina docente presso la facoltà di ingegneria della nostra università , è primordiale pura energia, ecosostenibile, non consuma nulla anzi produce risorse, come e più il fotovoltaico e altre fonti energetiche alternative, esse stesse frutto di processi di conoscenza e intelligenza.
Purtroppo pare che questo modello, auspicabile, sarà solo affidato alla volontarietà degli operatori e c’è da augurarsi che il mercato, al quale troppo spesso deleghiamo acriticamente i nostri destini, sia questa volta in grado di ben indirizzare le scelte della politica e dell’economia.