Tra il 2007 e il 2010 il mercato dell’edilizia ha scontato globalmente una perdita del 20% . Tradotto nel segmento dell’immobiliare significa uno stock di 300000 vani invenduti alla fine del 2010.
Una contrazione mai vista prima che ha le sue punte negative nel settore del terziario e degli uffici.
Gli analisti che hanno indagato sul fenomeno rilevano che la dimensione del calo sia testimonianza di quanto esso vada oltre il fatto congiunturale della crisi ancora in corso e sia invece anche di sistema.
Per troppi anni il mondo dell’edilizia, specie quella residenziale, non ha convenientemente innovato il proprio modo di produrre e il prodotto offerto, convinto che la rendita di posizione, il valore speculativo delle costruzioni, avrebbe continuato a reggere il sistema delle compravendite.
La crisi finanziaria ha accelerato alla fine quello che probabilmente sarebbe comunque avvenuto, e cioè lo spostamento del valore verso quello d’uso ossia verso quello rappresentato dalle prestazioni che il bene casa può offrire: prestazioni legate certamente al rapporto qualità- prezzo, dove per qualità si intende quella ambientale, la sostenibilità energetica, i bassi costi di manutenzione una certa gradevolezza estetica fondata sulla qualità del design architettonico e perchè no, anche sulle prestazioni tecnologiche dell’home-automation, legate all’efficienza energetica.
E se questo il mercato del residenziale non ha offerto tuttavia ha mantenuto prezzi di richiesta alti, a volte altissimi, appunto fondati sulla pretesa di una rendita da posizione.
La concomitante minore disponibilità reddituale delle classi medie ha fatto sì che buona parte del mercato residuo si sia spostata verso la riqualificazione dell’esistente che, appunto, rappresenta quella quota di mercato che registra segnali positivi. In fondo è naturale che gli utenti, piuttosto che spendere elevate cifre -difficili da acquisire in tempi di restrizione del credito- per sostituire il proprio immobile, preferiscano ristrutturare quello già in loro possesso, preferibilmente se all’interno delle città consolidate, per gli ovvi vantaggi logistici che questo assicura in termini di accesso a servizi e opportunità; lo fanno privilegiando l’innovazione tecnologica: è come se gli acquirenti fossero ispiratori di un prodotto che il mercato ancora stenta ad offrire.
D’altronde è troppo facile il paragone, da più voci fatto, con il mercato delle auto: chi acquisterebbe mai oggi un’auto Euro 0 senza gli ausili tecnologici oggi disponibili quando l’Europa và verso auto Euro 6 stipate di gadget e utilità ormai disponibili anche in piccole utilitarie?
Qualcuno ha analizzato le variazioni di fatturato globale tra gli idraulici e gli elettricisti; ebbene si registra uno spostamento di volumi a favore dei questi ultimi perchè più strutturalmente capaci di gestire i processi di ottimizzazione e automazione con i quali, tendenzialmente, i primi hanno meno familiarità. Ciò la dice lunga su dove vada l’utente e quale sarà un possibile scenario per il futuro. Che, a condizione di riflettere su queste questioni, offre importanti spunti di crescita per imprese e professioni, solo che si riannodi il filo della qualità globale del progetto (alla fine è un buon investimento) cui non vanno lesinati tempi e risorse, della qualità delle realizzazioni in uno ad un ripensamento dei sistemi città, attraverso operazioni di riqualificazione urbana.