Qualsiasi prodotto, per essere commercializzato, deve essere noto; il modo di informare, le strategie utilizzate per veicolare queste informazioni, i mezzi usati, possono incidere significativamente sulla diffusione di qualsiasi merce. Vale nel mondo del commercio, dell’industria, in politica, vale anche nel mondo della conoscenza.
Anni fà Bruno Zevi, uno dei padri dell’architettura contemporanea italiana, in una delle sue ultime interviste, sostenne che l’architettura è come un formaggino: per essere venduta ha bisogno di essere pubblicizzata, comunicata.
Oggi quest’attività d’informazione, molto più accessibile che in passato, è uno dei mezzi con i quali si creano quelle che conosciamo come “archistar” o si determinano importanti attività professionali, beninteso se vi sono i fondamentali della qualità progettuale e professionale, appunto necessari ma di per sè non sufficienti.
La pubblicazione delle opere è certamente uno dei mezzi più efficaci per certificare il successo di un’attività professionale e, per certi versi, è fenomeno che si autoalimenta: se si è pubblicati si viene cercati per altre pubblicazioni- più si è pubblicati più si viene ricercati. Ciò non succede per caso, anzi è un percorso che viene costruito da specialisti della comunicazione, che possono avere un ruolo importante e significativo nel successo di un’attività professionale.
E’ questa una grande opportunità di crescita, perchè nò, anche economica nel campo dell’architettura come in quello della moda o altri.
Tuttavia per quanto riguarda l’architettura vi è di più, specie dalle nostre parti e per i nostri tempi.
Il mondo del’architettura -e degli architetti- italiano, specialmente quello del meridione, al netto di alcuni casi specifici, vive una grande crisi, lo si dice da tempo e da più parti; una delle cause di questa crisi, forse quella veramente strutturale, è rappresentata dalla perdita di consapevolezza da parte della nostra società che la qualità dell’ambiente e dello spazio, non è affare isolato e da specialisti, ma è argomento che riguarda tutti sempre e comunque. L’incoscienza su questa importanza, e della responsabilità che implica nei confronti delle generazioni future -i nostri figli e nipoti- ha comportato per molti decenni, dagli anni ‘50 fino ai nostri giorni, una considerazione superficiale e approssimativa dei temi della costruzione e della trasformazione territoriale, sia nelle piccole che nelle grandi cose. Una corsa al ribasso di cui le città italiane così come configurate nel dopoguerra sono diretta testimonianza. Abbiamo pensato che il numero, il parametro, ci potesse garantire senza tuttavia coordinarlo alla strategia e agli obbiettivi.
Ecco perchè la comunicazione, nel mondo dell’architettura e del territorio, và oltre il suo essere opportunità per diventare dovere: nel promuovere il recupero della condivisione di questi valori, della consapevolezza sociale di questi temi, ed è dovere dell’archistar come del più semplice tra gli architetti, diventare messaggeri di questi valori che, per essere efficaci e credibili, devono parlare un linguaggio semplice e chiaro, non da iniziati.
Ovviamente coniugando il tutto con l’alta qualità delle prestazioni e con il comportamento eticamente corretto che ne costituisce il fondamento ma che non riguarda solo gli architetti, bensì anche chi i comportamenti deve regolamentare.