Giorni fà la provincia regionale catanese ha approvato la concessione di incentivi per neo-professionisti e lavoratori autonomi, volti ad acquistare strumenti di lavoro.
Nella formulazione originaria del Consigliere arch. Salvo Patanè la misura era in verità rivolta solo ai giovani (professionalmente e anagraficamente parlando) ingegneri, avvocati, architetti, geometri ecc., cioè a quelle professioni liberali che un perverso sistema ha messo, parlando in latino, col culo per terra e del quale la contingenza economica è solo uno degli elementi, neanche il più importante.
E’ chiaro che l’aver esteso la platea degli aventi diritto all’aiutino, se da un lato porterà a qualche effimero maggior consenso politico, dall’altro renderà ancora più debole la sua capacità di spingere su un settore preciso in maniera positiva, ove mai avesse avuta questa possibilità.
Sì, perchè concedere, graziosamente, tremila euro a un centinaio di “giovani” lavoratori autonomi sà più di mancetta della nonna -se non proprio d’elemosina- che di elemento capace di incidere sullo sviluppo. Anzi stando le cose nel modo attuale, rischia di essere un boomerang per chi, con onestà d’intenti, ne volesse usufruire.
Vorrei comprendere infatti a cosa serve regalare tremila Euro per comprare un’attrezzatura ad un ingegnere “giovane” ( ammesso che riesca ad accedere al contributo) facendogliene spendere altri settemila, se poi non avrà la possibilità d’acquisire il lavoro con cui pagarne le rate, o se lo trovasse, correrebbe facilmente il rischio di spendere altri soldi per farlo e poi non essere pagato, con le più varie scuse o motivazioni.
Nò amici cari, non è così, credo, che possiamo aiutare le nuove generazioni e quindi noi stessi.
Parlando dei giovani professionisti -professionalmente e anagraficamente in senso stretto, così come Salvo Patanè aveva più opportunamente immaginato- li possiamo aiutare garantendo loro un livello di preparazione universitaria e pratica adeguata, non scorciatoie triennali dal nome tanto fantasioso quanto a volte privo di senso, anche ripristinando quel livello minimo di chiarezza sulle competenze -di chi fà cosa- oggi perso; li possiamo aiutare liberando il mondo del lavoro, quello reale, da una serie di “pesi” come l’eccesso di burocrazia che nessuna pia intenzione governativa è riuscita, finora, sul serio a scardinare, perchè forse affrontato senza partire dal cambio deciso della mentalità e della base legislativa; o riducendo l’eccesso di tassazione, il cui livello è tale da poterla definire vessazione, nella quantità e nel modo.
Li (ci) possiamo aiutare, interpretando le direttive europee per quelle che sono (direttive appunto e non norme) adattandole alle realtà d’Italia e non a piccoli o grandi interessi di bottega (politica e non solo). Li possiamo aiutare ampliando il bacino del mercato su cui proporsi, per esempio investendo quei tremila Euro cadauno per esportare anche all’estero le intelligenze professionali, giovani e non solo, di cui siamo certamente ricchi se non altro per una ragione di percentuali statistiche, così come si fà, opportunamente, per il vino dell’Etna o il pomodoro di Pachino.
Li possiamo aiutare anche con la concessione di un contributo economico, che può aver senso però se c’è un mercato che possa garantire quelle occasioni di lavoro che sono il dignitoso diritto naturale di ogni cittadino che della libera iniziativa faccia la sua ragione di vita.